Disney e i tempi che cambiano
La Disney, colosso globale dell’intrattenimento, è da decenni un punto di riferimento per bambini e famiglie. Dai classici come “Biancaneve” e “Il Re Leone”, fino ai più recenti successi come “Frozen” e “Encanto”, l’azienda ha saputo rinnovarsi, intercettando gusti e sensibilità sempre nuove. Ma negli ultimi anni, il brand è finito spesso sotto i riflettori per un tema in particolare: l’inclusività.
L’inclusione come nuova missione
Negli ultimi anni, Disney ha dichiarato pubblicamente il proprio impegno per una maggiore inclusione e rappresentazione. Questo si è tradotto in film con protagonisti di etnie diverse, tematiche LGBTQ+, ruoli femminili forti e rivisitazioni dei classici.
Tra gli esempi più evidenti:
- “Encanto” (2021), con una famiglia colombiana protagonista
- “Elemental” (2023), storia d’amore interraziale in chiave metaforica
- “La Sirenetta” live action (2023), con Ariel interpretata da un’attrice afroamericana
- Personaggi LGBTQ+ in film come “Out” e nella serie “Baymax!”
L’obiettivo dichiarato è riflettere la diversità del pubblico mondiale e creare contenuti in cui ogni bambino possa riconoscersi.
Perché parte del pubblico critica l’inclusione Disney?
Molti spettatori apprezzano l’apertura della Disney, ma una parte del pubblico ha reagito negativamente. Le critiche più frequenti riguardano:
- “Forzature” narrative: cambiamenti percepiti come artificiali o scollegati dalla storia originale
- “Agenda ideologica”: alcuni accusano Disney di voler imporre una visione politica “woke”
- Sostituzione di personaggi storici: quando si cambia l’etnia o il genere di un personaggio classico (es. Biancaneve, Ariel), alcuni parlano di “riscrittura del passato”
Il caso “La Sirenetta” (2023)
La decisione di affidare il ruolo di Ariel a Halle Bailey, artista afroamericana, ha diviso il pubblico. Da un lato, c’è chi ha applaudito la scelta come un passo avanti per la rappresentazione. Dall’altro, molti fan dei classici hanno espresso delusione, parlando di “tradimento dell’originale”.
La polemica è esplosa soprattutto online, con il trailer del film che ha ricevuto milioni di dislike su YouTube. Il film ha avuto un successo moderato al botteghino, segno di una frattura tra intenzioni e percezione.
“Biancaneve” e la polemica prima dell’uscita
Il live action di “Biancaneve”, previsto per il 2025, è già oggetto di polemiche. La protagonista sarà interpretata da Rachel Zegler, attrice di origine latina. Inoltre, i sette nani saranno sostituiti da creature “magiche e variegate”, per evitare stereotipi.
L’annuncio ha scatenato dure reazioni da parte dei fan e di attori storici (come Peter Dinklage), che hanno chiesto di non rafforzare cliché legati alla disabilità. Altri, invece, parlano di un eccesso di zelo che cancella elementi fondamentali della fiaba.
L’inclusione funziona quando è organica
Gli esperti di cinema e comunicazione concordano su un punto: l’inclusione è efficace quando è integrata naturalmente nella storia, non quando appare forzata. Film come “Coco” e “Encanto” sono esempi riusciti: raccontano storie autentiche, legate a culture specifiche, senza stravolgere nulla.
Quando, invece, si modificano opere già amate per motivi simbolici, il pubblico può percepirlo come “propaganda” e respingere il messaggio, anche se nobile.
Disney+ e i contenuti inclusivi
Anche la piattaforma Disney+ è al centro di questa rivoluzione. Sono stati prodotti corti e serie con personaggi non binari, famiglie omogenitoriali, e protagonisti neurodivergenti. Un esempio è la serie “The Owl House”, che ha introdotto una protagonista bisessuale e una relazione queer esplicita.
Questi contenuti ricevono spesso il plauso della critica, ma anche segnalazioni da gruppi conservatori, soprattutto negli Stati Uniti. Alcuni Stati americani hanno addirittura minacciato boicottaggi o restrizioni.
Il bilancio economico: premia o penalizza?
Dal punto di vista economico, l’approccio inclusivo ha dato risultati contrastanti. Film come “Encanto” e “Coco” hanno ottenuto grandi successi, ma altri, come “Strange World” e “Lightyear”, hanno faticato al botteghino.
In alcuni mercati (Cina, Russia, alcuni Paesi arabi), la presenza di personaggi LGBTQ+ o il cambio etnico dei protagonisti ha causato censure o tagli, limitando gli incassi globali.
Il rischio backlash: quando l’inclusione si ritorce contro
Un’azienda come Disney ha sempre bilanciato tra business e valori. Ma oggi, ogni scelta inclusiva può diventare un caso mediatico. Esiste il rischio di backlash (reazioni di rifiuto) da parte di una parte del pubblico che si sente esclusa da un cambiamento troppo rapido o percepito come artificiale.
Questo crea un paradosso: includere nuove voci può far sentire escluse quelle “tradizionali”, generando conflitto anziché unione.
Inclusione nei parchi a tema e merchandising
La linea inclusiva si è estesa anche ai parchi Disney e al merchandising:
- Nuovi costumi e giochi rappresentano culture diverse
- Attrazioni aggiornate per rimuovere contenuti giudicati razzisti (es. Splash Mountain)
- Assunzioni e pubblicità più rappresentative
Questo approccio ha trovato terreno fertile soprattutto in Europa e USA, mentre ha generato polemiche in altri contesti culturali.
Cosa ne pensano i fan storici?
Molti fan di lunga data sostengono la necessità di rappresentazione, ma chiedono che venga fatta creando nuove storie e non “riscrivendo” i classici. Vorrebbero vedere protagonisti inclusivi in nuove favole, non rimaneggiamenti forzati delle vecchie.
La nostalgia gioca un ruolo importante: personaggi come Ariel, Biancaneve o Peter Pan fanno parte dell’infanzia di milioni di persone. Cambiarli può essere vissuto come un “tradimento” culturale.
Un futuro più equilibrato?
La chiave per il futuro potrebbe essere l’equilibrio. Disney ha gli strumenti per creare nuovi mondi narrativi, originali e inclusivi, che non necessitano di modificare i classici. Allo stesso tempo, può mantenere vive le storie storiche, contestualizzandole e offrendo strumenti educativi (come già avviene con alcuni avvisi su Disney+).
In questo modo, l’inclusione non apparirebbe come imposizione, ma come espansione dell’universo Disney, arricchito e più rappresentativo del mondo in cui viviamo.
Conclusione
La Disney sta affrontando un periodo di trasformazione profonda. L’inclusione non è più solo una scelta editoriale, ma una parte del suo DNA aziendale. Tuttavia, il cammino è complesso: tra entusiasmo e critiche, successi e flop, la strada verso una narrazione davvero universale richiede ascolto, equilibrio e coraggio.
Una cosa è certa: ogni bambino merita di vedere sé stesso rappresentato. Ma anche ogni spettatore merita storie coerenti, emozionanti e autentiche. Disney riuscirà a trovare il giusto incantesimo?